lunedì 18 marzo 2019

better off, in the bottom.


Non avrei mai creduto di poter cadere così a pezzi, di nuovo.
Di essere così fragile, così facile da spezzarmi.

Eppure, lo sono, di nuovo.

La mia corazza di cartapesta costruita inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina ha ceduto il posto all'adrenalina, e poi, a qualcosa che chimicamente non ha nome, ma che si può tranquillamente definire come disperazione.
E a volte mi chiedo seriamente, se sia meglio vivere in un mondo di cartapesta, di soffice cotone, dove sai che è tutto un'illusione ma sei felice, oppure nella mia avvilente realtà, dove tutto va bene, ma dove la mia testa riesce a farmi sentire volutamente all'i n f e r n o.

Cosa scelgo?
Perchè l'alternativa al mio inferno immaginario, la mia ipotetica utopica felicità, altro non è che  venticinque milligrammi di pasticca in più.
E tutto dipende da me.

Aggrapparmi con le unghie alla vita, alla voglia di vivere sepolta a cocci in fondo alla mia anima, o cedere di nuovo alla sensazione paradisiaca di poter vivere con una benda agli occhi e dei tappi alle orecchie, non sentire, non vedere, non soffrire.

Ora ho assaporato la vita, dopo tanto.
Mi piace, le emozioni, ma se non sai gestirle, si avvinghiano e cercano di ucciderti.




Mi viene da vomitare.
Il mio stomaco e il mio intestino sembrano reclamare con furore la pace dei sensi che ho perso da un pezzo aggrovigliandosi, la testa grida, pulsa, il corpo mi fa male, i miei occhi continuano a voler svuotarsi come un torrente in piena, perchè il dolore sembra non avere fine, ed io, che con gli occhi al cielo supplico qualcuno o qualcosa di porre fine a tutto questo.



2 commenti:

:)