sabato 9 marzo 2019

Panic.

Urla silenziose le mie, urla che non odono risposta, non dalla persona che vorrei le sentisse.
O forse da nessuno.
A volte mi chiedo solo se leggi queste poche righe.

Oggi pensavo fosse l'ultimo giorno della mia vita, per un attacco di panico.
La sensazione era quella, forse desideravo solo assaporarne la sensazione, di perdere per un attimo la coscienza di tutto.

Ma la cosa più strana è che in tutta la situazione di totale perdita di controllo in preda a cui mi sono ritrovata, non avevo quasi paura.
Ero quasi sollevata di crollare schiava delle mie debolezze, paure, dopo tanto autocontrollo, tanta presunta sicurezza, fiducia, potermi abbandonare al panico, alla logorante tachipnea che sembrava asfissiarmi di secondo in secondo, il cardiopalmo che allentava la mia gola come una mano desiderosa di strangolarmi, lo stomaco colmo di aria, i polmoni saturi di ossigeno che forse non merito nemmeno di poter respirare.
Ebbene sì, eccolo l'attacco di panico, in tutta la sua crudezza.
Poi, d'un tratto mi riprendo.
Mi rendo conto che la mia vita non sta per concludersi, che riesco ancora a respirare, a muovermi, a parlare, a pensare, e riprendo coscienza della situazione.
Ed è come se nulla fosse successo.
Perchè si sa, il cervello tende a rimuovere i residui di ogni ricordo negativo, le cicatrici rimangono solo impresse nell'anima.

E poi, nulla, dopo tutto questo riuscivo a vedere solo le cose belle.
Come se avessi solo avuto solo bisogno di ripulirmi l'anima.
Quindi in fondo, va bene così.

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